mercoledì 17 agosto 2011

Il piano delle meraviglie

Ivan Blečić e Arnaldo 'Bibo' Cecchini

Ci sono due sensi della parola meraviglia: quello per cui si tratta di una cosa o una situazione che è bellissima e augurabile, e quello per cui si tratta di una cosa e situazione che non finisce mai di sorprendere. Un po’ come era per la parola “mostro”.


Il PUC di Alghero è un piano delle meraviglie nel secondo senso e un mostro nel senso corrente.

Prima di tutto bisogna rimuovere un equivoco: un piano regolatore (o come si chiama ora un Piano Urbanistico Comunale) ha lo scopo di dettare delle regole per governare le trasformazioni del territorio in coerenza con le previsioni e con le visioni che una comunità si dà: ovvero serve a governare il territorio in una prospettiva di medio-lungo periodo, non ad attuare politiche di sviluppo economico congiunturali. E neppure a favorire le imprese.
Poi, se è ben fatto, un suo effetto collaterale può essere quello di costruire un “ambiente” adatto alla creatività, ai talenti, alla voglia di fare; anzi questo effetto dovrebbe esserci.

In secondo luogo in un piano regolatore quel che conta non sono le belle parole, ma le regole concrete che esso detta. Non “chiunque mi dice Signore, Signore, …”; non chi ripete sviluppo, ambiente, sostenibilità, ma chi opera coerentemente alle parole perché “chiunque ascolta (…) e non le mette in pratica, è simile ad un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia”.

Infine dovrebbe esplicitamente e operativamente collegarsi ad altri strumenti di piano, soprattutto il piano strategico, e prevedere l’insieme degli strumenti necessari per poter essere operativo.

Il PUC di Alghero ha un solido approfondimento demografico, alcune acute analisi storiche, un’accurata definizione delle tipologie edilizie, alcune belle parole e un linguaggio soave; da parte della maggioranza si dichiara che non è “di destra” (ed è simpatico che la destra per difendere un suo piano urbanistico non trovi di meglio che definirlo come un piano “di sinistra”), sembra non essere Attila e nemmeno Alarico, ma poi fa delle scelte incoerenti, inconsistenti, sbagliate, vandaliche (o visigote o unne).

Vediamo brevemente alcuni aspetti: le previsioni, le seconde case, l’edilizia sociale, la ricettività, gli standard urbanistici e la partecipazione.

Le previsioni. Il PUC di Alghero prevede nuove volumetrie e aree di espansione abitativa per circa 1.3 milioni di metri cubi. Se a queste si aggiungono le nuove strutture turistico-ricettive (il PUC infatti prevede di raddoppiare i posti letto attuali, aggiungendone oltre 6.000, oltreché prevedere premi volumetrici per molti alberghi attuali), si arriva a circa 2 milioni di nuovi metri cubi.
Per parlare per esempi, 2 milioni di metri cubi sono circa 1.200 torri come la torre Sulis, oppure 350 asili Sella, oppure 35 nuovi Centri Congressi, oppure 1.000 palazzine di 3 piani da 200mq ciascuno.
Alghero ha attualmente circa 9-10 milioni metri cubi, per cui questo PUC renderebbe Alghero circa 20% più voluminosa, se così si può dire.
Ma servono? Saranno per coloro che ne hanno bisogno?
Quanti residenti in futuro? E quanti residenti temporanei? E che fabbisogno abitativo per loro?
La popolazione residenziale di Alghero è di circa 44 mila abitanti. Nel PUC si stima che questo numero sia molto probabilmente destinato a diminuire, per arrivare nel 2057 a meno di 34 mila abitanti. Nella stima demografica più ottimistica, comunque la popolazione non supererà mai gli 44 mila attuali. Tutto questo è il PUC stesso a dirlo.
Perché allora si prevedono espansioni di volumetrie e di aree edificabili residenziali per una città di oltre 50 mila abitanti? Questa scelta è ancora più contraddittoria e incomprensibile, se nella relazione del PUC si legge che “il fabbisogno aggiuntivo, calcolato anche nelle più positive ipotesi dell’evoluzione demografica, può essere coperto interamente con adeguate politiche di riqualificazione e riutilizzo a fini residenziali dell’enorme patrimonio edilizio inutilizzato presente in città.”

Seconde case. Per chi sono tutte queste volumetrie in più? Quasi certamente di tratterà di seconde case. Oscuri passaggi della Relazione di Piano cercano di giustificare che sia necessario prevedere la costruzione di ulteriori seconde case. Sì, proprio così: si sostiene che servano circa 3.200 stanze in seconde case (lo si chiama "fabbisogno secondario"), cioè circa 30% di tutte le nuove abitazioni previste dal PUC. Ma se il PUC fosse coerente con sé stesso, se prendesse sul serio quel che esso stesso dice, se dunque tenesse conto del calo demografico che dichiara inesorabile e del fatto che non siano necessarie nuove espansioni edilizie residenziali, allora riconoscerebbe che tutta o quasi tutta la volumetria aggiuntiva prevista dal PUC non sarà altro che seconde case. Questo PUC può essere chiamato un PUC di seconde case? Sì, può!
Abbiamo usato l’espressione “seconde case” per abitudine e per comodità. In realtà dovremmo parlare anche di case costruite per il mercato finanziario, case che non servono a una persona benestante per farsi la villeggiatura, come era nel secolo scorso, ma per investimenti finanziari: se ci pensiamo ci viene subito in mente che è peggio, molto peggio.

Edilizia sociale. Servono case per le categorie più deboli, per le giovani coppie, per i singoli originari o di ritorno, per gli studenti e i ricercatori; quante ne servono? Dove trovarle?
Un’altra insistente voce che circola è che “la gran parte” delle espansioni residenziali previste da questo PUC siano destinate a edilizia sociale, convenzionata e sovvenzionata. È così? No!
Sul totale delle espansioni residenziali previste (ricordiamo: 1.3 milioni di metri cubi), solo poco meno di 20% di queste sembrano essere destinate all’edilizia sociale. Sembrano, perché in realtà di edilizia sociale effettiva da questo PUC ne uscirebbe molta di meno, molto vicina allo 0%. Perché? Perché serve intenderci: quel che il PUC prevede non è la realizzazione dell’edilizia sociale, ma solo che al Comune vengano cedute le aree per farci poi dell’edilizia sociale. Ma la mera cessione al Comune di superfici per l'edilizia sociale non vuol dire avere l'edilizia sociale, anzi! Il Comune, specie nella complicata condizione finanziaria di oggi, difficilmente avrebbe la possibilità di finanziare edilizia sociale anche se in possesso delle aree cedute. Questo lo dimostra il fatto che il Comune di Alghero possiede già diverse aree sulle quali potrebbe avviare progetti di edilizia sociale, e ci riesce solo occasionalmente con il decisivo, e purtroppo molto incerto e limitato, sostegno finanziario della Regione e di altre fonti di finanziamento non ordinarie.
Insomma, non è certo per mancanza di aree che sinora se n’è vista poca di edilizia sociale!
Perché il risultato di avere l’edilizia sociale sia effettivo, come avviene in molte parti d’Europa e in alcune parti d’Italia, la via percorribile potrebbe essere quella di farsi cedere gratuitamente non le aree, ma una percentuale degli alloggi realizzati, da destinare a canone sociale agli aventi diritto. Solo così si darebbe attraverso il PUC la garanzia di avere l’edilizia sociale, peraltro a costo quasi zero per l’amministrazione. Farsi semplicemente cedere le aree, non garantisce questo risultato, anzi lo allontana: scappati i buoi ...

Di case vuote sempre, poco utilizzate, invendute ce ne è un bel po’. Che se ne fa? In che condizioni sono? Come potrebbero essere rimesse in gioco per chi ha bisogno di casa e per una ricettività di qualità? Su tutto questo invece, il PUC tace.

Ricettività. Ma arriviamo alle scelte “vandaliche”, ad esempio a Maria Pia. Si prevede un parco costiero e una zona di servizi per lo sport e la ricreazione. Fin qui tutto bene. Ma poi, in questa straordinaria area naturalistica si prevede la realizzazione di strutture turistico - ricettive per un totale di circa 100.000 metri cubi (altezza massima consentita 9 metri), che darebbero luogo a 1.200 posti letto. Per chi è meno pratico con i numeri: 100.000 metri cubi sono circa 15 asili Sella, oppure circa 60 torri come torre Sulis, oppure circa altri 2 Centri Congressi, oppure circa 100 palazzine da tre piani (alte 10 metri) di 100mq. Immaginatevelo a Maria Pia.
E più in generale, siamo sicuri che Alghero abbia bisogno di una ricettività maggiore? O non piuttosto di una ricettività migliore e meglio distribuita? E non potremmo utilizzare quel che già c’è? Magari dando valore alle aree di grande importanza ambientale per quel che sono, per quello per cui hanno valore?

Standard urbanistici. Ma veniamo poi a quella che a noi appare una strana interpretazione contenuta nel PUC. Come si sa, in un Piano per legge serve assicurare certe minime dotazioni dei cosiddetti standard urbanistici: scuole, verde, parchi, spazi e servizi pubblici, parcheggi, e così via. E allora, per fare un PUC, serve indicare e calcolare quali aree sono già disponibili e usate per questi scopi. Qui il PUC di Alghero non smette di meravigliare: ad esempio, quando calcola le cosiddette aree S3 (definite nella normativa come "aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti con esclusione di fasce verdi lungo le strade") indica tra tali aree la Piazza Civica (inclusi i plateatici), la Via Carlo Alberto, la Piazza Teatro (incluso il plateatico), la Piazza Sulis (inclusi i plateatici), la Via Roma, parti della Via Ferret, persino molti plateatici stessi, e molte aree ancora, tutte queste sono indicate come aree S3! Ripetiamo: come aree attrezzate a parco o per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti con esclusione di fasce verdi lungo le strade.
Qualcuno avrebbe il coraggio di raccontare questa strana interpretazione ad un algherese in faccia? Non è molto meglio, anzi è peggio, raccontarlo in un documento che fa parte della carta fondamentale della sua città.
Il fatto che ci si potrebbe dire che "l’han fatto anche altri" non rende l'interpretazione meno strana e la meraviglia meno forte.

Partecipazione. Parliamo poi del processo di partecipazione. La partecipazione dei cittadini non è un orpello, e significa consentire che tutti i cittadini abbiano la possibilità e l'opportunità di conoscere, discutere e di dare un contributo effettivo alle decisioni assunte da un PUC. Peraltro, è nella relazione generale del PUC che si legge “Deve essere garantita al pubblico e alle autorità interessate la possibilità di partecipare sin dalle fasi iniziali e di esprimere il proprio parere prima dell'adozione del piano."  Il pubblico ha avuto garantita questa possibilità? In particolare, ha avuto garantita (attenzione, garantita!) la possibilità di partecipare sin dalle fasi iniziali e di esprimere il proprio parere prima dell'adozione del piano? Come direbbe il principe De Curtis: “ma mi faccia il piacere!”

Che c’è da meravigliarsi? Questo PUC è un po’ così: belle parole, linguaggio soave, ma poi scelte incoerenti, inconsistenti, sbagliate, “vandaliche”, e poi contraddizioni e “strane interpretazioni”.
Può la carta fondamentale di una città, quale è un PUC, essere fondata sulle contraddizioni e sugli equivoci?

Che fare dunque? Riprendere la discussione con alcuni obiettivi in mente: nessun consumo di suolo ulteriore, zone di completamento con l’obiettivo prioritario dell’edilizia sociale, ristrutturazione e riqualificazione delle periferie e del patrimonio abitativo inutilizzato o sottoutilizzato, aumento della qualità delle strutture ricettive. E poi, un grande parco ambientale urbano a Maria Pia, un nuovo grande centro urbano verde, un luogo per gli algheresi e per chi visita Alghero, per attrarre turisti anche fuori stagione, turisti che ci andranno perché sarà un parco grande e straordinario, e perché ci andranno gli algheresi.

Serve il PUC? Ovviamente sì.
Ma non va bene qualsiasi PUC. Non va bene questo PUC.
Il Consiglio Comunale chieda alla maggioranza attuale di riprendere la discussione, impegnandosi tutte le forze politiche a varare un nuovo PUC, insieme con tutti gli altri strumenti necessari, entro un anno dalle prossime elezioni; elezioni che consentiranno alle cittadine e ai cittadini di scegliere, insieme con la nuova amministrazione, anche il futuro che vogliono per la loro città; e poi un anno da usare soprattutto per una partecipazione vera: nei quartieri, nelle borgate, in tutta la città.
Per fare un PUC giusto.

Gli autori sono docenti universitari, insegnano alla Facoltà di Architettura, ma esprimono le loro personali opinioni che – come opinioni – non sono migliori o peggiori di quelle di un proprietario di televisioni, di un costruttore, di una cubista, così come non coinvolgono l’istituzione in cui lavorano, come non la coinvolgerebbero se fossero dipendenti delle Poste o della Sella e Mosca: tanto per evitare di dover discutere di questo.
Gli autori sono invece disponibili a discutere le loro opinioni in ogni sede pubblica. 
Molte osservazioni contenute in questo articolo sono documentate e approfondite su questo blog.

Una versione più sintetica di questo articolo è apparsa su alghero.tv.



2 commenti: